Labirinto

giovedì 13 luglio 2017

I liguri Apuani

I Liguri Apuani e la loro micidiale arma:il pennato.La storia di questo "sacro" strumento

Disegno di Apuano
con il pennato in mano
Tutti i santi giorni che Nostro Signore mette in terra usiamo strumenti ed utensili;per le nostre mani saranno passati migliaia di volte e spesso ignoriamo la loro origine e pensare che abbiamo uno strumento,un attrezzo che è tipicamente garfagnino e la sua genesi si perde nella notte dei tempi, si mescola fra i riti ancestrali e le furibonde guerre di quei tempi, figurarsi con questi nobili natali oggi viene usato dai boscaioli e dai giardinieri per tagliare i rami,le fronde,per appuntire i pali, per togliere la corteccia e così via...Questo attrezzo è il "pennato".Oggi siamo sulle tracce delle rocce sacre dei Liguri-Apuani:le "Rocce dei pennati".
Nelle nostre Alpi Apuane sono stati individuati numerosi siti che presentano incisioni rupestri di varia tipologia.Ma fra queste, una spicca su tutte per abbondanza sugli altri ed è "il pennato"(i romani poi lo ribattezzeranno la falx arboraria), il tipico strumento che tutti conosciamo che è caratterizzato da una breve impugnatura, una lama larga e lunga 30-40 centimetri e con la punta ricurva in avanti, la cui forma è rimasta inalterata per ben oltre tremila anni.Conosceremo così tutti questi posti dove trovare queste ultra millenarie incisioni su pietra, presenti sui nostri monti, per soddisfare la sete di storia,di natura e di curiosità dell'escursionista che un giorno volesse conoscere (e rispettare) questi luoghi.Cominciamo con il dire che le popolazioni apuane avevano un forte senso del sacro e di tutto quello che era legato alla natura: dal culto della roccia,delle sorgenti e delle vette.Il Dio delle vette era Pen/Pan (probabile radice da cui le Apuane hanno preso il nome), il Dio dei boschi era il Dio Silvano (da cui la 
Borra Canala uno dei siti
 delle incisioni dei pennati
genesi della parola selva) rappresentato con un pennato in mano, utensile di lavoro e arma micidiale, simbolo degli Apuani.Si, perchè proprio il pennato è legato a doppio filo con la religione e la società apuana e infatti per meglio chiarire i ricercatori si sono posti queste domande:cosa ci volevano dire i nostri antenati con questi segni? Quale messaggio ci volevano lasciare? Le risposte non sono facili da dare ma alcune ipotesi interessanti e veritiere sono venute fuori.Il fatto che queste incisioni si trovino in altura, su rocce panoramiche dominanti, spesso in linea con il moto solare e le vette dei monti farebbe pensare a luoghi adibiti a una funzione religiosa, l'atto di incidere il pennato si può considerare come un ex voto, un dare un qualcosa a Dio Silvano per ricevere poi una grazia, come una caccia abbondante,la vittoria in una battaglia e altro ancora.Da non sottovalutare l'ipotesi che queste incisioni avessero delimitato il sito dove si svolgevano delle riunioni,come ad esempio "i conciliabula" (adunanze nelle quali si discuteva di guerra e di amministrazione).Altra affascinante teoria è che si potesse considerare queste zone come posti dove si facevano riti di iniziazione per i ragazzi ,un passaggio fra l'età adolescenziale e quella adulta, quindi a membro a tutti gli effetti della tribù, si certificava così attraverso l'incisione su roccia la consegna di un pennato vero considerato uno status symbol della società apuana;al ragazzo così gli si apriva un mondo tutto nuovo al fianco di questo suo inseparabile strumento, un mondo fatto di caccia,guerra, religione e lavoro,un utensile indispensabile per l'uomo di 
Incisioni di pennati sulle Apuane
montagna,uno strumento che diventerà fondamentale nelle battaglie contro Roma.Sappiamo infatti da Tito Livio (storico romano), nella famosa battaglia di Marcione(nel comune di Castiglione Garfagnana) fra Romani ed Apuani (vinta clamorosamente da quest'ultimi)afferma che questa indomita popolazione utilizzò un'arma letale sconosciuta a Roma fino a quel tempo
):quest'arma era il pennato(per il caso vedi:http://paolomarzi.blogspot.meglio-dei-300-spartani-l) .Ultima considerazione da fare è che il pennato è stato ritrovato sui monumenti funebri degli Apuani, inciso insieme alle iniziali del nome del defunto, ritrovate queste nei pressi del Monte Rovaio (vicino all'Alpe di Sant'Antonio) e a Campocatino.Adesso guardiamo però dove si trovano queste incisioni rupestri,dove l'escursionista curioso le può scovare durante le belle passeggiate sulle Alpi Apuane.I siti di maggior rilievo sono cinque;alcuni le troviamo sul versante versiliese ed altri su quello garfagnino.
Il primo si trova sul Monte Gabberi il luogo è meglio conosciuto come il "Ripiano dei Pennati" e si trova a 950 metri d'altezza.Si tratta di un piccolo pianoro molto compatto dove sono incisi 
Incisioni di pennati e croci sul Gabberi
FOTO DI STEFANO PUCCI 
quindici pennati (ed altri simboli),i segni sono disposti a semicerchio e questa disposizione secondo gli esperti avvalora l'ipotesi che fosse un luogo dove si svolgevano delle assemblee.Il disegno appare molto consunto da apparire appena percettibile alla luce solare.

Il secondo è sulla Cresta dell'Anguillara,sulla roccia si vede un pennato lungo 40 cm a grandezza naturale, niente affatto stilizzato, vicino ad esso troviamo altri due graffiti più piccoli:un coltello con la punta ricurva e un altro segno indecifrabile (forse un fungo).Risalendo ancora si apre la grandiosa Sella dell'Anguillara, qui si trova la maggioranza dei graffiti, ci sono ben 25 pennati oltre a simboli sessuali femminili e impronte di mani.
Pennati sulla Cresta dell'Anguillara

Arriviamo poi alla Roccia del Sole uno dei siti di arte rupestre fra i più spettacolari, che si trova poco sotto al sentiero che sale al Rifugio Rossi, anche qui abbiamo una grande piastra calcarea (la roccia del sole)dove sono incisi una cinquantina di segni, fra pennati,orme di piedi,di mani,cerchi e rosoni a sei petali.Lo spettacolo è offerto dalla luce radente del sole al tramonto che mette in risalto il tutto e subito da l'idea all'osservatore di essere al cospetto di una roccia dedicata a qualche divinità solare.
Eccoci poi al Masso delle Girandole in località Puntato ed ecco affiorare una roccia di pochi metri quadrati con  una ventina di pennati sovrapposti (scoperti nel 2004)formano  una specie di svastica.
Roccia del Sole:una mano,un pennato e un orma
Infine arriviamo sull'Altipiano della Vetriciadelimitato dalla Borra Canala e dai prati dell'Omo Morto,quest'area è un vero paradiso per speleologi che vi hanno esplorato i profondi pozzi verticali,ma non solo, anche per gli stessi archeologi che qui hanno trovato nel 2005 due rocce graffite con lame pennate e una scena di caccia, eccezionale graffito, unico nel suo genere in tutta la Toscana.Altre incisioni sono difficilmente raggiungibili dai "comuni mortali" poichè sono messe in fondo agli strapiombi della Borra Canala.
Dite la verità nessuno pensava che dietro ad un insignificante attrezzo da boscaioli ci fosse così tanta storia ,così tanti significati e pensare che noi lo usiamo solamente per tagliare i rami...Comunque sia anche questa è una storia e una tradizione di un popolo fiero e stupefacente:gli Apuani,la nostra gente. Paolo Marzi

lunedì 13 marzo 2017

Il Trigramma di San Bernardino

Il Trigramma di San Bernardino 



La sigla IHS (o in alfabeto greco ΙΗΣ) compare per la prima volta nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei manoscritti greci del Nuovo Testamento, abbreviazioni chiamate oggi Nomina sacra. Essa indica il nome ΙΗΣΟΥΣ (cioè "Iesous", Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli). In principio, quindi, le lettere H e S erano rispettivamente una eta e una sigma dell'alfabeto greco. La sigla è spesso abbinata a XPS per "Christos"; le due sigle sono costruite in modo analogo, utilizzando le prime due lettere e l'ultima del nome, perciò la S è l'ultima lettera del nome Iesus e non la terza, come spesso viene affermatoNel corso dei secoli le due sigle IHS e XPS si diffusero dai manoscritti alle monete e agli oggetti artistici. Si veda ad esempio l'iscrizione sulle monete d'oro bizantine a partire dal secondo regno di Giustiniano II (inizio dell'ottavo secolo): DN IHS XPS REX REGNANTIUM, cioè: "Signore Gesù Cristo, re dei re" (ad es. nel 705) o pochissimi anni prima l'iscrizione sulla bara di san Cutberto a Durham (UK) del 698.
Col tempo l'origine greca dell'abbreviazione fu dimenticata da molti e si credette che IHS fosse il troncamento del nome latino di Gesù, che venne così erroneamente arricchito di una "acca", trasformandosi spesso in "Jhesus".
L'abbreviazione IHS ridiventò popolare e si trasformò in un vero e proprio monogramma in seguito al diffondersi della devozione verso il Santissimo Nome di Gesù. Nel XII secolo ne fu promotore san Bernardo da Chiaravalle. Nel XIV secolo il beato Giovanni Colombini, fondatore della confraternita laica dei Gesuati, portava abitualmente sul petto la sigla IHS. La sigla fu poi utilizzata da san Vincenzo Ferrer.
Particolare impulso alla diffusione del trigramma è stato dato da san Bernardino da Siena, al cui nome esso resta associato anche oggi. Bernardino ne promosse l'ostensione ai fedeli accorsi alle sue omelie, raffigurandolo su tavolette di legno, poste sull'altare durante la celebrazione eucaristica. Il trigramma bernardiniano era circondato da un sole a dodici raggi, riprendendo in tal modo un'iconografia precedentemente ideata da Ubertino da Casale. La pessima fama di quest'ultimo e la denuncia di un possibile uso idolatrico di tale simbolo spinsero nel 1427 papa Martino V ad ordinare l'aggiunta di una croce sopra il trattino traversale della H maiuscola o di un tratto orizzontale sull'astina della h minuscola in modo da formare la croce.
Il larghissimo utilizzo del trigramma è continuato dopo la controriforma, di cui Bernardino da Siena è stato un precursore. Ignazio di Loyola, infatti, lo scelse come proprio sigillo (1541) e successivamente la Compagnia di Gesù lo adottò come proprio emblema. Si legge infatti in numerose chiese costruite dall'ordine gesuita. Ne è un esempio la facciata della Chiesa del Gesù, dove campeggia a grandi lettere.

giovedì 26 gennaio 2017

Il sito megalitico di Ceccano: UN LUOGO DI INIZIAZIONE! – di Giancarlo Marovelli

IN ESCLUSIVA PER “IL PUNTO SUL MISTERO”, UN NUOVO ARTICOLO DI GIANCARLO MAROVELLI SULLE NUOVE SCOPERTE RELATIVE AL  SITO MEGALITICO.



(Immagine di apertura: i partecipanti all’Itinerario del Mistero, organizzato nell’ambito del Premio Nazionale Cronache del Mistero 2016, tenutosi domenica 11 dicembre 2016 presso il sito megalitico di Ceccano. Tra i presenti numerosi ricercatori italiani come lo stesso architetto Marovelli, Giancarlo Pavat, Tommaso Pellegrini, Marco di Donato, Roberto Adinolfi, Giulio Coluzzi, Mario Tiberia, ed internazionali, come Robert Bauval e Jeff Saward – Foto T. Pellegrini).




Le recenti nuove scoperte sul sito megalitico di Ceccano (FR) rafforzano la tesi che l’area fosse un luogo d’iniziazione, dove l’aspetto della Dea partenogenetica era messo in atto da una serie di procedure ritualistiche che consentivano all’iniziando di passare a un livello di consapevolezza superiore, attraverso la rigenerazione e la diffusione della vita .
Nel periodo del Neolitico l’evoluzione dell’uomo ha fatto si che la concezione di passaggio si sia ampliata toccando aspetti che non riguardavano solo l’aspetto sociale, ma si fondevano con il lato spirituale, attraverso un numero variabile di passaggi iniziatici ai quali ci si doveva sottoporre per crescere in conoscenza e consapevolezza.
Nell’area vi sono una serie di manufatti da me individuati dopo l’ultimo sopralluogo domenica 11 Dicembre 2016, in particolare ho focalizzato due circoli di pietre posti a poca distanza denominati l’ingresso e il cerchio di pietre che uniti al betile e al “Vichingo/Guardiano“, rafforzano e avvalorano il fatto che il luogo fosse utilizzato per riti d’iniziazione.



L’ingresso (foto sopra): questa formazione posta a sud-est del sito originario (Vichingo/Guardiano) fornisce l’accesso all’area; si può dunque ipotizzare che in questo luogo ci fosse un primo passaggio iniziatico che veniva affrontato da molti individui insieme date le notevoli dimensioni dello spazio all’interno delle rocce. In questo punto la forma dell’ingresso porta alla fusione archetipica tra il maschile (il Monte Caccume di forma triangolare, emblema del dio trascendente e incorporeo) che si staglia all’orizzonte e la conformazione rocciosa semicircolare aperta sul lato; in tal modo gli iniziandi potevano assorbire l’energia della propria polarità (YANG per gli uomini e YING per le donne).




(Immagine sopra: il Monte Caccume)

Il cerchio di pietre (foto sopra): posto a sud del sito originario (Vichingo/Guardiano) in questo luogo avveniva la fase di rinascita e nella depressione antistante al cerchio di pietre, con molta probabilità, era presente una fonte d’acqua usata per i riti di rinascita. Tale ritualità permetteva di rievocare l’esperienza vissuta dall’uomo quando si trovava ancora nell’utero; in questo luogo si attuava la rinascita nel Mondo superiore, testimoniata dalla forma stessa delle pietre che richiama la vulva, simbolo per eccellenza della fonte di vita. Nelle vicinanze si sono ritrovate numerose rocce orizzontali che potrebbero essere state utilizzate come altari del fuoco. L’uso del fuoco era fondamentale perché stabilizzava il livello energetico raggiunto dagli iniziandi nei passaggi precedenti e richiamava l’energia della Grande Madre in modo che fosse trasferita nel betile poco distante  provvedendo in tal modo all’ ingravidamento della terra e micro cosmicamente della donna rendendola prospera e feconda, così da garantire un abbondante raccolto.




Il Betile (foto sopra): questo manufatto ricorda una forma fallica ed era posto in luoghi dedicati al culto, normalmente era posizionato sopra gli incroci di vene acquifere sotterranee, o nel mezzo di due linee sincroniche, o deve esisteva una concentrazione di nodi tellurici. La sua funzione era di intercettare, caricare e amplificare l’energia tellurica e quella derivata dal rito/funzione, lavorando come un’antenna emanatrice e ricetrasmittente. In tal modo la lunghezza d’onda era amplificata e gli iniziandi erano irradiati da una frequenza che poteva creare degli stati alterati, così anche i terreni subivano un trattamento che li rendeva più fertili.



Il Vichingo/Guardiano (foto sopra, alle spalle di Marovelli): il variegato simbolismo dell’area megalitica, con le differenti funzioni create e usate in essa dai nostri antenati sono aspetti che riportano al grande mistero della vita e risultano parte di un insieme indiviso della dea che personifica le forze della natura nel suo valore rigenerativo e di diffusione della vita, di cui controlla i cicli. Le manifestazioni della dea si ritrovano in questo sito e sono associati al simbolo dell’utero, del fallo rappresentato dal triangolo maschile dato dal monte Caccume e dal Betile. Infine la roccia denominata il “Vichingo” o il “Guardiano“potrebbe avere anche la funzione di guardiano della soglia poiché la sua figura, oltre a fungere da puntatore equinoziale, potrebbe richiamare l’archetipo del guardiano, il dio uccello che personifica una delle quattro forze generative della natura: quella della morte che, fusa nel suo ciclo solare, porta alla rigenerazione della madre terra e dell’uomo.
Vi sono inoltre motivi a rombo incisi nella roccia, che rappresentano simboli geometrici diffusi in tutta Europa a partire dal Neolitico, solitamente legati al simbolismo dell’acqua e associati alla dea uccello o all’uccello quale sua epifania.


(Foto sopra: i motivi a rombo incisi alla base del “Guardiano“)





(Immagine in basso: Giancarlo Marovelli e il “piccolo menhir” presso il “Guardiano” che serve  a traguardare il Caccume)